Il dilemma dell’imprenditore

business plan in inglese

02 Mag 16 Il dilemma dell’imprenditore

Formazione linguistica o non-formazione. Il dubbio è sempre quello: quanto mi costa?

Quanto mi costa un macchinario, quanto mi costa un dipendente in più, o una fotocopiatrice nuova. E, dall’altra parte, quanto mi costa però NON averlo? A quanti lavori devo rinunciare se non aumento macchinari e dipendenti? Quanto tempo spreco in azienda con una fotocopiatrice sola e le persone che ne hanno bisogno che restano lì, ferme in coda?

I dati dell’Europa sulle competenze linguistiche delle aziende

Almeno per quanto riguarda il costo delle mancate competenze linguistiche abbiamo trovato un dato interessante, tratto da un rapporto commissionato dall’Unione Europea che vi potete scaricare qui:

LA GUIDA LINGUISTICA PER LE IMPRESE EUROPEE (scarica)

Citiamo testualmente:

“Secondo lo studio ELAN, tra le quasi 200 imprese che hanno dovuto rinunciare a potenziali contratti a causa della mancanza di lingue straniere, 37 attribuivano ai contratti sfumati un valore compreso fra 8 milioni e 13,5 milioni di euro. Altre 54 imprese si erano lasciate sfuggire contratti per un valore compreso fra 16,5 milioni e 25,3 milioni di euro, e dieci imprese per un valore superiore a un milione di euro.”

Il problema non si genera solo quando nessuno, in un’azienda, conosce una lingua. Il rischio più insidioso è che una conoscenza di tipo scolastico porti a malintesi sui termini degli accordi commerciali, sulle richieste, o a semplici situazioni di tensione o di fatica nel mantenere la comunicazione a un livello accettabile per il business. Infatti, continua il rapporto:

“Le differenze culturali sono un altro ostacolo legato alla comunicazione, riguardo alle quali circa un’impresa europea su cinque si dichiara in difficoltà. E non è soltanto nelle regioni remote del mondo che le imprese incontrano le maggiori differenze culturali: queste infatti possono emergere anche nelle situazioni apparentemente a noi più familiari. Per condurre attività commerciali in tutta Europa infatti può essere necessario negoziare con centinaia di culture nazionali e regionali differenti.”

La qualità dei contatti e dei legami che siete in grado di stringere con i partner internazionali molto spesso è una variabile fondamentale per un buon andamento di tutta l’azienda.
È per questo che vi consigliamo caldamente di prendervi pochi minuti per leggervi tutto il rapporto: oltre a dati e considerazioni interessanti sulle aziende europee, troverete anche case history virtuose e consigli pratici per gestire meglio i rapporti con l’estero. Alcuni anche molto semplici: ad esempio, il vostro sito è multilingua? E prevede, oltre all’inglese, anche le lingue dei paesi in cui esportate di più?).

Il rapporto racconta anche dei modi in cui si possono ottenere le competenze linguistiche necessarie: ad esempio, appoggiandosi ad agenti che seguano per noi alcuni paesi. Oppure, assumendo personale che già conosce molto bene la lingua che ci interessa (o che la sta studiando). O, ancora, attivando percorsi di formazione all’interno dell’azienda.

I dati della Toscana

Per avere dati più aggiornati e specifici per la nostra realtà, però, noi di European School abbiamo commissionato una ricerca ad hoc sulle aziende del territorio toscano.

All’indagine hanno risposto oltre 800 aziende toscane, rappresentative del nostro territorio per distribuzione geografica, dimensioni e tipologia di attività. Tutte loro ci hanno aiutato a capire meglio qual è il rapporto fra le nostre imprese, e l’utilizzo delle lingue straniere, il modo in cui affrontano la necessità di comunicare con l’estero.

Questi alcuni dei risultati più rilevanti e che sembrano confermare in pieno quanto ci era già suggerito dall’esperienza diretta:

Oltre il 60% delle aziende intervistate ha rapporti con l’estero. Quelle che non ne hanno, prevalentemente sono aziende a vocazione locale che non hanno comunque intenzione di espandere i propri affari oltre confine.

Prevalgono gli scambi con l’Europa (Francia e Germania in testa), seguita dagli Stati Uniti. Risultano molto importanti anche gli scambi con la Cina, molto meno quelli con la Russia – forse perché i contatti con la Russia sono ristretti ad alcuni settori merceologici e alcune tipologie di imprese.

• Per far fronte alla necessità di avere personale che parli una o più lingue straniere, si assumono dipendenti che hanno già una buona formazione linguistica. Le aziende che assumono personale che sta ancora facendo formazione sono in percentuale minima, quelle che prevedono interventi in azienda sono ancora meno.

Se assumere personale già formato presenta indubbi vantaggi, al tempo stesso ha anche le sue criticità che rendono invece conveniente valutare piani di formazione o quantomeno di aggiornamento linguistico e culturale.

Per tanti motivi: ad esempio, per assicurarsi che il livello di competenze linguistiche sia realmente adeguato. Oppure, per integrare una competenza già presente di base con un linguaggio specialistico adatto al settore di riferimento.
O, ancora, perché spesso il dipendente ha buone competenze linguistiche in senso stretto ma sa troppo poco della cultura con la quale l’azienda si relaziona (e questa è una situazione che abbiamo già visto essere particolarmente insidiosa).

Per tutti questi motivi, vi invitiamo a valutare con attenzione sia i costi che i benefici di un piano di formazione aziendale, mettendoli a confronto con i costi ed i rischi di lasciare un asset prezioso alla buona volontà (o, più spesso, alla semplice memoria dei tempi della scuola) dei vostri dipendenti.

Infine, in un mercato molto più flessibile per forza di cose rispetto a quello di soli dieci anni fa, la formazione linguistica può essere un benefit molto gradito dai dipendenti, che vedono così accrescere le loro competenze personali e vedono rafforzata la loro posizione anche all’interno dell’azienda: ma di questo parleremo in modo più approfondito in un prossimo articolo!

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